Ma quale cardinale, questo è un filosofo. Questo viene da pensare leggendo la prolusione che ieri ha tenuto il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, con particolare riferimento al tema della famiglia. Tema che ha trattato – come ciascuno può verificare [1] – con la massima laicità: zero parabole o citazioni evangeliche, solo argomenti, e che argomenti, volti a chiarire il già dichiarato no a «nuovi istituti giuridici che vanno automaticamente ad indebolire la famiglia» (leggi: unioni di fatto).

Tanto per cominciare Bagnasco smaschera il paradosso delle coppie di fatto che, da un lato, chiedono diritti e, d’altro lato, eludono i doveri: «Si parla, ad esempio, di “libertà di scelta” a proposito delle unioni di fatto; ma è paradossale voler regolare pubblicisticamente un rapporto quando gli interessati si sottraggono in genere allo schema istituzionale già a disposizione. In realtà, al di là delle parole, ci si vuol assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri».

In effetti tutte le coppie sposate non sono che coppie di fatto che hanno scelto di unirsi nel vincolo matrimoniale: perché mai allora altre coppie di fatto, che non se la sentono di sposarsi – o non vogliono o aspettano di farlo più avanti – dovrebbero avere gli stessi diritti di quelle che questo tipo di scelta, impegnativa e vincolante, hanno stabilito di farla? Proprio non si capisce. Se invece, come pare, vi sono molte coppie che vorrebbero sposarsi ma non possono, il problema non è la coppia di fatto ma la difficoltà (relativa, per chi bada all’essenziale) di potersi permettere il matrimonio; il che è completamente diverso. Ma torniamo al Presidente della Cei.

Il quale, nel corso del suo intervento di ieri, non si è lasciato scappare un altro tormentone caro ai Pisapia & Co: quello secondo cui il riconoscimento delle unioni di fatto non penalizza affatto il matrimonio. Non è vero, spiega Bagnasco, perché se si riconoscono le unioni civili «è la situazione complessiva a non essere più la stessa: infatti, a fronte di determinate leggi, si modifica il significato proprio dell’istituzione matrimoniale, il pensare sociale ne viene pesantemente segnato e, di conseguenza, l’educazione dei propri figli. Sarebbe ingenuo, o peggio, negare che diversi orizzonti normativi influenzano e modificano inevitabilmente il sentire comune e quindi il costume generale. Per questa ragione, il riconoscimento di determinate situazioni o pratiche, non è mai neutrale: pur se non obbliga alcuno, è fortemente condizionante tutti».

A questa impeccabile riflessione – il cui senso è chiarissimo, salvo a coloro che volutamente non vogliono coglierlo – segue una sottolineatura, laicissima anch’essa, sull’importanza di promuovere la famiglia che «ha un ruolo chiave del tutto evidente, e riversa centuplicato sull’intera società il suo benessere complessivo. Ancor più nell’attuale congiuntura, si rivela come fondamento affidabile della coesione sociale, baluardo di resistenza rispetto alle tendenze disgregatrici, vincolo di coesione tra generazioni, non certo “grumo” di relazioni come taluno vorrebbe definirla per liquidarla. Anche per questo essa merita di essere rispettata e considerata molto di più sul piano culturale e mediatico, e quindi sostenuta concretamente con provvedimenti sul fronte politico ed economico».

Anche in questo caso, c’è ben poco da aggiungere. Pierferdinando Casini, che dopo anni ed anni si è improvvisamente convinto della necessità di riconoscere le unioni civili [2], prenda nota.

[1] Prolusione del Cardinale Presidente.  Conferenza Episcopale Italiana. Consiglio permanente.  Roma, 24 – 27 settembre 2012: http://download.repubblica.it/pdf/2012/politica/Prolusione_embargo2012.pdf; [2] https://giulianoguzzo.wordpress.com/2012/07/18/e-casini-apri-alle-coppie-di-fatto/