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La manifestazione delle Sentinelle in Piedi avvenuta ieri pomeriggio a Trento è stata un autentico trionfo. Non tanto per ragioni numeriche (in piazza Duomo si contavano almeno 300 Sentinelle), e neppure per l’imponente contro-manifestazione (gli oppositori sono arrivati in massa radunando di tutto di più, pur di apparire numerosi), avvenuta nelle forme più provocatorie (risolini, insulti, infiltrazioni nella manifestazione, distribuzione di cartelli deliranti). La manifestazione delle Sentinelle in Piedi – che nonostante le innumerevoli provocazioni non ha registrato il minimo scontro, con scorno dei provocatori – è stata un successo perché ha reso evidente a tutti il passaggio epocale in corso.

Non siamo infatti più, neppure in Italia, nel tempo delle parole, dei discorsi e degli confronti dialettici: il Pensiero Unico non ammette più nulla che non sia dialogo apparente: non si è cioè più liberi – non del tutto, almeno – di pensarla come si vuole, ma come solo si può, com’é ancora consentito in attesa di quando si sarà costretti a pensarla come si deve. Siamo così passati in un’altra fase, vale a dire il tempo della testimonianza. Chi ha a cuore non tanto la Fede, bensì la Ragione è chiamato a testimoniarlo. Non a dichiararlo, ma a mostrarlo pubblicamente nella consapevolezza che questo attirerà incomprensione, dissenso ed irrisione.

Le persone che ieri hanno partecipato pacificamente e silenziosamente alla veglia delle Sentinelle in Piedi sono state apostrofate – per il solo fatto di manifestare, esercitando un diritto costituzionale! – come fasciste. Per un assurdo rovesciamento della realtà, fascista non è dunque più chi fa di tutto per impedire all’altro di manifestare («Vi vorrei morti», si è lasciato scappare uno dei “disturbatori”, evidentemente innamorato della democrazia), ma chi manifesta. Non chi vuole imporre agli altri la propria idea, ma chi è reo di avere la propria. Perché il Pensiero Unico di cui tanti, troppi sono inconsapevoli burattini questo vuole: impaurire. Far sentire estrema minoranza la già ristretta minoranza degli àpoti, coloro che non la bevono e seguitano, ostinati, ad usare la Ragione, questa sconosciuta.

Il tempo della testimonianza, dunque. Non un tempo facile; di sicuro, non un tempo conveniente. Un tempo nel quale si paga per quel che si pensa ed il modo per cavarsela è uno: pensarla come tutti. Mi rincuora tuttavia pensare – ed immagino a più qualcuno questo dispiacerà – che raduni come quelli delle Sentinelle in Piedi continueranno. Continueranno perché chi conosce il valore altissimo della testimonianza che è chiamato ad offrire nel momento in cui si difende la libertà di pensiero, non si farà certo intimorire dal prezzo che comporta oggi la coerenza. Continueranno perché “padre” e “madre” non sono parole che appartengono a noi, ma a tutti i bambini, e rubarle a loro sarebbe un crimine. Continueranno perché le battaglie, alla fine, le vince chi resta in piedi.